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Gay & Bisex

In palestra


di peppi80
13.10.2020    |    546    |    0 9.0
"La palestra che frequento di solito non è particolarmente grande, neanche si avvicina agli enormi saloni pieni di ogni tipo di attrezzo in triplice copia che..."
La palestra che frequento di solito non è particolarmente grande, neanche si avvicina agli enormi saloni pieni di ogni tipo di attrezzo in triplice copia che si vedono nelle grandi città, ma è indubbiamente accogliente e pulita. Ha solo due sale, quella per gli attrezzi e il salone con il pavimento di legno per gli sport; ha inoltre due spogliatoi non molto grandi, ampi qualche metro quadro, divisi per genere e dotati entrambi di una piccola doccia dai vetri opachi capace di ospitare al massimo due persone per volta. Tuttavia, la doccia dei maschi e delle femmine ha una piccola caratteristica: in alto, probabilmente per non permettere all'umidità di bloccarsi, comunicano attraverso una fenditura orizzontale. Niente che sia realmente utile, ho tentato di sbirciare dall'altra parte molte volte, ma è troppo in alto ed è troppo stretta. Ciò nonostante, dove non può la vista, può l'udito: la voce delle ragazze riesce ad arrivare nello spogliatoio dei maschi e, soprattutto i giorni in cui ci sono le lezioni di danza, questo si riempie di risa e rumori di ragazze nude che si lavano a pochi centimetri da dove sono io. Ovviamente, da ragazzo con gli ormoni impazziti, quei momenti non poteva non essere gli stessi in cui facevo la doccia anche io, e la logica conseguenza erano trenta minuti di seghe con un occhio verso lo spogliatoio nella speranza che nessuno mi vedesse. Finché almeno non mi resi conto del punto debole di quel piacevole piano: il fatto che, come ho detto poco sopra, la doccia fosse appena sufficiente per due.

Quel giorno entrai in palestra a un orario per me un po' insolito, cioè quand'era ormai sera, ma avevo fatto tardi e non potevo fare altrimenti. Salutati i proprietari, mi cambiai e mi diressi subito verso la sala degli attrezzi, che era praticamente vuota, a parte per una persona che mi pareva di non conoscere. Era strano vederla così, ma me ne importava davvero poco: l'ultima lezione di danza quella sera era destinata alle mie coetanee, perciò la mia attenzione era del tutto altrove. Diligentemente, feci tutti i miei esercizi – quel giorno era dedicato alla parte inferiore del corpo – e quando finii, attesi pazientemente che anche le ragazze terminassero così da dedicarmi una seconda volta alla mia parte inferiore del corpo.

«Ok, ragazze, a giovedì!» urlò l'insegnate e io mi fregai le mani.

Lasciando la sala degli attrezzi, mi fiondai nello spogliatoio, ma purtroppo trovai una pessima sorpresa ad aspettarmi: anche l'altro frequentatore serale aveva finito e, senza che io lo notassi, era già lì. Mentre, un po' imbronciato, rimettevo le mie cose nel borsone, sperai che fosse uno di quelli che andava a casa a lavarsi, ma per tutta risposta quello fece ciò che di tanto in tanto si vede nelle palestre: si spogliò nudo, attraversò lo spogliatoio in ciabatte con il pene che gli dondolava e, tranquillo come stesse facendo una gita, si infilò nella doccia. Era un uomo non più giovanissimo, visti i capelli brizzolati, e che si depilava completamente, ma nonostante avesse superato la mezz'età era evidente come non si fosse poggiato sugli allori: i muscoli di ogni parte del corpo erano sodi, ben formati ma senza alcun eccesso, aveva un bel sedere che poteva essere scambiato per quello di un trentenne, possedeva un pene che da moscia pareva abbastanza grosso e nessun difetto che io potessi notare. Prese a farsi la doccia con la porta aperta, insaponandosi senza remore sotto i miei occhi ma dandomi la schiena. Non capii se lo facesse di proposito o no, non riuscii neanche a vedere se si fosse eccitato oppure no; tuttavia, la mia testa era altrove: sospirando di dispiacere per l'occasione perduta, mi misi l'anima in pace e, caricatami la borsa in spalle, mi andai a fare la doccia a casa. Nei giorni seguenti tornai ai miei orari e alle mie abitudini normali, e non lo rividi più.

Qualche settimana dopo, di sera, come di tanto in tanto capita dovunque, andò via l'acqua a casa mia. Non essendomi ancora fatto la doccia, unii l'utile al dilettevole e corsi a farla in palestra assieme a una sessione di pesi extra. Non appena entrai, la situazione era esattamente come la volta precedente: c'eravamo io, lui e nessun altro, tranne che per le ragazze che facevano danza nell'altra sala. Mentre facevo i miei esercizi, ebbi modo di osservarlo in azione e notai quanto in forma fosse: se non fosse stato per quella chioma brizzolata, non avrebbe di certo sfigurato al braccio di una donna più giovane di lui. Tuttavia, non lo guardavo solo per ammirarlo, ma per capire quanto gli mancasse per finire: il piano era lasciare la sala a metà degli esercizi e infilarmi nella doccia prima di lui, così che mi sarei potuto godere i miei piaceri senza problemi. Così feci: poco prima che le ragazze finissero la lezione, corsi nello spogliatoio e, spogliatomi completamente, saltai nella doccia insaponandomi per bene. Quando l'insegnò comunicò la fine della lezione, io avevo già venti centimetri di erezione pronta a esplodere le sue cartucce in qualsiasi momento.

«Scusa, posso?» chiese una voce dietro di me.

Voltandomi, vidi l'uomo che, completamente nudo e senza aspettare la mia risposta, probabilmente ritenuta positiva a priori, entrava nella doccia di fianco a me e si chiudeva la porta alle spalle.

«No, certo che no…» replicai io calmo accumulando schiuma sulla mia erezione, mentre piangevo dentro, soprattutto quando sentii le ragazze entrare allegre nello spogliatoio dall'altra parte del muro.

L'uomo cominciò a insaponarsi vigorosamente tutto il corpo iniziando dalle braccia, ma quando arrivò ai suoi genitali, senza preoccuparsi della mia presenza, li prese con una mano e li lavò con l'altra, facendo attenzione a scappellarsi. Passò la sua spugna sul suo pene forse un po' troppo a lungo e con troppo vigore, ma poi continuò scendendo verso il basso; tuttavia, non alzò le gambe per lavarsele, si piegò lui porgendo il suo sedere sodo verso di me. Fu allora che capii che cosa significa "una doccia per due", ovvero una doccia per uno un po' più larga, poiché le sue natiche strofinarono contro il mio fianco.

«Oh, scusa» disse lui rialzandosi con calma, e pareva sincero.

«No, niente» replicai io sorridendogli. «È la doccia che è piccola».

Tutto preso dai miei pensieri e dagli urletti giocosi delle ragazze ad appena venti centimetri da me, non mi ero reso conto che l'acqua scrosciante aveva lavato via la schiuma dal mio pene mettendo in evidenza tutta la mia erezione pulsante. Me lo fece notare lui.

«Siamo messi bene, vedo» commentò, facendo un cenno con la testa verso la mia asta e sorridendomi.

Mentre un brivido mi scorreva per tutto il corpo, cercai di non nascondermi, perché ero sempre rifuggito a reazioni come quelle, che ritenevo ridicole, perciò rimasi stoicamente dritto e girato verso di lui con il mio pene eretto, umido e duro.

«Grazie» risposi e, facendo un cenno verso la voce delle ragazze, cercai di fargli intendere le cause. «Sai com'è…»

«Certo che lo so» replicò lui ammiccando.

Quindi si sciacquò via la schiuma dal bacino e si voltò verso di me per mostrarmi il suo cazzo eretto, bagnato e duro: era un'asta un paio di centimetri più lunga della mia, ma era al contrario più spessa e venosa, e completamente depilato. Ridacchiando, se lo prese alla base con la sinistra, massaggiandosi le palle, per agitarlo contro di me; quindi se lo afferrò anche con la destra per scappellarlo e darsi due poderosi colpi di sega, senza tuttavia continuare. Tornando a lavarsi, mi lanciò un sorriso complice, e da quel momento iniziò anche a fissarmi con intensità il pene.

«Se ti va di farti una sega, fa pure» disse semplicemente lui dopo qualche momento, intento per l'ennesima volta a insaponarsi l'asta.

Io ero molto eccitato, per metà a causa delle ragazze e per metà, in modo inaspettato, per la situazione: non mi stavo chiedendo se fossi gay o altro, al centro della mente avevo solo voglia di venire. Fui seriamente tentato di iniziare a masturbarmi e lasciarmi andare, ma combattuto com'ero, feci invece silenzio balbettando qualche parola e alzando le spalle indeciso. Ma certe cose accadono e basta: l'uomo allungò una mano, mi prese la punta del cazzo tra il pollice e le altre dita e cominciò a stuzzicarmi poderosamente la cappella.

La prima cosa che feci fu spostarmi lontano di lui, verso il lato della doccia, ma la maledetta era troppo piccola e invece mi ritrovai comodamente poggiato con la schiena sulle piastrelle, dove lui avrebbe trovato anche più facile continuare a fare quel che stava facendo. Subito dopo, tentai di afferrargli le mani con l'intenzione di toglierle da lì, ma il tentativo fallì: il mio cervello era troppo pieno di piacere che invece di strapparle via, lo spinsi a prenderlo meglio in mano. Invogliato dalla mia cedevolezza, l'uomo invase del tutto la mia parte di doccia e, sistemata meglio la mano intorno al mio cazzo, la accelerò facendomi mugolare.

«Puoi ricambiare, se ti va» mi disse lui tirandomi una mano fino alla sua asta bagnata ed eretta, ma non mi costrinse.

Fui io che decisi di farlo: misi il palmo sulle sue palle e, dopo averle massaggiate per un po', lo strofinai per tutta la sua lunghezza con durezza, fino ad arrivare alla punta, che scappellai, iniziando a segarlo. Vedendo il desiderio che aveva completamente conquistato la mia testa, si avvicinò ancora e mi ficcò la lingua in bocca. Mentre le nostre mani destre segavano il cazzo dell'altro e lui mi schiacciava contro le piastrelle, mi passò la sinistra sul sedere per toccarlo, stringerlo e pizzicarlo. Passando le dita tra le mie natiche, poi, trovò il mio ano e iniziò a stuzzicarlo. Nessuno me l'aveva mai fatto, non ci aveva provato mai nemmeno da solo, e mi piacque: assicuratosi che ci fosse la quantità giusta di sapone sul suo dito e nell'ano, lo titillò un'ultima volta e mi penetrò con il medio.

«Oh cazzo!» mi lamentai per un solo momento staccandomi dalla bocca avida dell'uomo per iniziare poi a schizzare sperma dovunque, gemendo e ansimando pesantemente.

Un fiotto colpì in viso l'uomo che, sentito l'arrivo del mio orgasmo, si era piegato sul mio cazzo e si era fatto venire in faccia. Senza lasciarmi mai né davanti né di dietro, tornò alla posizione di prima e a mettermi la lingua in bocca, con la differenza che ora c'era anche il sapore del mio stesso sperma assieme al suo che si mischiava con la saliva. Io chiusi gli occhi e lo lasciai fare mentre l'acqua calda faceva scorrere vie il seme restante e la voce allegra delle ragazze continuava a coprire i nostri rumori da sesso.

Quando ci staccammo, io lo guardai e, ansimando, dissi:

«Tutto qui?»
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